“Tecnici «rocciatori» sulla torre del Pegol” – Articolo tratto da Bresciaoggi

“Tecnici «rocciatori» sulla torre del Pegol” – Articolo tratto da Bresciaoggi

LA CURIOSITÀ. Turisti e passanti col naso all’insù in piazza Paolo VI, dove – dopo la caduta di alcuni frammenti – hanno preso il via le operazioni di messa in sicurezza. Una guida alpina al «comando» Le operazioni dureranno un paio di giorni, lo stesso tempo richiesto per la sistemazione della Pallata. La torre del Pegol, da cui sono affacciati i tecnici, è alta 49 metri.
Il ticchettio dei martelletti rimbomba lungo viale Beccaria. Poi, quando piazza Paolo VI si apre davanti agli occhi, turisti e passanti si chiedono se si tratti di un’esercitazione della Protezione civile o di un’operazione di ripulitura.
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Nè l’una nè l’altra cosa: quelli in cordata sono i tecnici incaricati dalla Loggia di mettere in sicurezza la torre del Pegol. Un intervento voluto dal settore edilizia monumentale dopo una segnalazione del 17 agosto: alcuni frammenti di pietra caduti dalla torre avevano danneggiato alcune auto. Da lì la decisione di procedere al ripristino della facciata, rimuovendo i frammenti pericolanti. «Dopo la diagnosi dettagliata attraverso il monitoraggio fotografico, ci siamo arrampicati per verificare lo stato della parete realizzata in conci di Medolo che con il tempo è inevitabile si deteriori, e per procedere alla revisione», spiega Dario Melotti, titolare dell’ impresa che si occupa di lavori in fune, alpinista e guida alpina.
AL LAVORO DALLE 8, i tecnici sistemeranno il Pegol in un paio di giorni, tanti quanti ne serviranno per l’analoga operazione sulla torre della Pallata. La parte alta del Pegol, che misura 49 metri, è soggetta all’azione corrosiva del vento: è lì che si riscontrano i frammenti più delicati e traballanti da rimuovere. Basta toccare, picchiettare con gli attrezzi e «ascoltare» il rumore, indice di stabilità o precarietà. «Usiamo martelli da carpentiere e mazzette di gomma», sottolinea Melotti. Nel frattempo, a terra cadono piccoli pezzi di roccia e polvere, mentre transenne e operatori indicano alle persone di passare a lato.
Non è la prima volta che gli esperti intervengono sugli edifici storici bresciani avvalendosi di queste tecniche, che consentono di mettere in sicurezza in breve tempo pareti rocciose, scarpate che potrebbero franare o il fronte di abbattimento di una galleria, in caso di parti a rischio caduta. «Non restauro, ma intervento di bonifica», precisa Melotti, che nel 2008 ha lavorato alla cupola del Duomo Nuovo e sulla parete nord del Castello. Sette gli uomini al lavoro sul Pegol: quattro in parete, due a terra, uno in cima a controllare gli ancoraggi: «Lavoriamo in doppia corda, una di lavoro, con il discensore antipanico, e una anticaduta di sicurezza – spiega Melotti -. E, le dirò, voltarsi e ammirare Brescia da qui non è affatto male».

DARIO MELOTTI

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